Allenamento e frustrazione
Uno degli stati d’animo più spesso collegati all’allenamento è la frustrazione. Non perché questa sia naturalmente scatenata dall’allenamento, ma perché quasi sempre le persone si approcciano al movimento con obiettivi irreali.
Allenamento e frustrazione facciamo qualche esempio:
Spesso le persone intraprendono un nuovo percorso cariche di aspettative, magari stimolate da un input esterno come la prova costume, e restano deluse se non arrivano dove vogliono nei tempi che hanno stabilito.
Succede spesso quando non sono solite fare del movimento e della cura di loro stesse un’abitudine, ma relegano questi aspetti a singoli momenti “straordinari”. Ecco che, non appena iniziano a dedicare più tempo allo sport e lo fanno entrare nella loro routine quotidiana, pretendono che il corpo reagisca immediatamente al nuovo stimolo.
Solo perché hanno preso una decisione, il sistema deve seguire a ruota dando subito i risultati sperati; la gratificazione deve essere istantanea.
Basta osservare la natura per capire che non funziona così, che tutte le trasformazioni importanti richiedono tempo.
Non basta mettere nella terra qualche seme per vedere sbocciare subito un fiore; serviranno cure amorevoli per poter gioire del risultato della nostra semina. Lasciare che il processo segua il suo corso è la cosa più sana e sensata che possiamo fare.
Allora perché da noi stessi e dal nostro corpo pretendiamo così tanto?
Non siamo macchine, siamo esseri naturali anche noi, e dobbiamo rispettare i nostri ritmi per ottenere un cambiamento profondo e duraturo. La situazione nella quale ci troviamo, che non ci piace e ci fa soffrire, dalla quale vogliamo scappare il prima possibile ora che ne abbiamo preso coscienza, è il risultato di mesi, se non di anni.
Un lungo periodo durante il quale il nostro sistema ci ha sicuramente mandato dei segnali, fatto capire che non stava bene, ma che noi abbiamo ignorato per mille motivi.
Non possiamo sperare di stravolgerci in poche settimane, sarebbe assurdo e anche dannoso.
Allenamento e frustrazione: come evitare questa situazione
Nello sport e nel rapporto con il nostro corpo è come nella vita: dare e avere. Più doniamo attenzione e dedizione, maggiori saranno le risposte e il benessere che avremo in cambio. Se in passato abbiamo dato poco, non possiamo pretendere che ci torni indietro tanto da subito.
Serve pazienza:
come attendiamo con trepidazione di veder nascere un fiore, allo stesso modo dovremmo mettere energia nel nostro processo di cambiamento, sapendo però che deve trascorrere un tempo fisiologico.
Ecco perché insisto molto a parlare di consapevolezza, anche nell’allenamento.
È fondamentale rendersi conto davvero di dove ci troviamo, da quale punto stiamo partendo:
Serve a scegliere la strada migliore per noi, a vedere il percorso che stiamo facendo senza tralasciare dei dettagli importanti; anche a ridimensionare le nostre aspettative, se serve. Spesso ci concentriamo su ciò che vogliamo ottenere in tre mesi, e sottovalutiamo il potere di quello che potremo avere fra uno, due, cinque o dieci anni.
La nostra evoluzione è una maratona, non uno sprint.
Quando ci osserviamo con distacco e obiettività capiamo subito se siamo noi a dover aggiustare il tiro, o se è ciò che ci sta attorno a non essere adatto alla nostra trasformazione. Ci mettiamo nelle condizioni di essere onesti con noi stessi, di renderci conto se non abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere fare, o se al contrario ce la stiamo mettendo tutta ed è il percorso ad aver esaurito la sua utilità.
Questo significa essere in grado di fare scelte in linea con noi stessi, senza cadere vittime del marketing o della nostra stessa sofferenza.
Quando ci viene voglia di mollare, di buttare tutto all’aria e fare qualcosa di diverso, fermiamoci un attimo a riflettere.
Può essere che il programma che stiamo seguendo o il professionista al quale ci siamo affidati siano i migliori per noi, ma che sia troppo presto per vedere dei risultati tangibili. Oppure stiamo facendo il massimo per quanto riguarda l’allenamento, ma abbiamo delle lacune importanti sull’alimentazione. O magari non abbiamo celebrato le piccole vittorie che abbiamo già raggiunto, e così abbiamo finito per darle per scontate.
Può anche succedere che ciò che stiamo facendo non sia la cosa più adatta alla nostra condizione del momento, o che la persona che abbiamo scelto non sia preparata come ci aveva fatto credere.
In questi casi è giusto cercare soluzioni alternative, perché il “tanto basta fare qualcosa” non ci porterà da nessuna parte.
Generalizzando molto, perché è una questione troppo individuale per poter dare una regola fissa, se dopo tre mesi di impegno i risultati sono davvero pari a zero è lecito farsi venire dei dubbi. In questi casi io consiglio di confrontarsi con chi ci sta seguendo o con un altro professionista.
Muoversi da A a B è relativamente facile perché quando lo stimolo iniziale è zero, qualunque tipo di impulso provoca una reazione. Questa è anche la fase, però, nella quale se si corre troppo è facile tornare al punto di partenza – con gli interessi.
Mantenersi nel punto B richiede azioni completamente diverse; andare da B a C è ancora tutta un’altra storia. Ogni percorso necessita di tempi e modi totalmente differenti, per questo è importante riconoscere dove ci si trova e rispettare le nostre esigenze.
Ognuno ha una sua strada da seguire, con ritmi e obiettivi diversi. Evitiamo di paragonarci agli altri o anche a una versione di noi del passato: non siamo più quelle persone, i nostri bisogni sono cambiati, ed è giusto così.
Accogliamo quello che c’è, lasciamo andare ciò che non serve più, e saremo in grado di far emergere una nuova parte del nostro essere.
Ti è mai capitato di vivere un periodo di allenamento frustrazione? Se ti va condividi la tua esperienza con me e con tutta la community, lascia un commento qui sotto.